La figura del coordinatore della sicurezza, deputata a vigilare sul rischio di interferenze tra le ditte impegnate nello stesso ambiente lavorativo, ha l’obbligo di interrompere i lavori in caso si profili un rischio imminente di grave entità. Questo secondo quanto stabilito dalla sentenza della Cassazione penale n. 42845/2023, che prevede l’attribuzione di colpa in omissione nel caso in cui il coordinatore non intervenga pur accorgendosi di un pericolo.

La sentenza in questione riguarda il cedimento di una struttura durante la preparazione di un concerto, annullato proprio per questa ragione, che ha avuto come conseguenza un decesso e il ferimento di alcuni lavoratori, una situazione aggravata da numerose violazioni alle norme di sicurezza.

Nel corso delle valutazioni sul caso, la Corte ha sottolineato che per quanto riguarda il coordinatore questo vada nominato dal committente, nel caso in cui l’interferenza tra le diverse organizzazioni operanti nello stesso luogo di lavoro possa essere fonte di ulteriori rischi per i lavoratori delle imprese e quanto sia importante l’opera di vigilanza ai sensi dell’art. 92 comma 1 lett. f D.Lgs. 81/2008, per rilevare i rischi ed eventualmente inibire i lavori in caso di pericolo grave e imminente.

Tuttavia, il caso è stato rinviato a un nuovo giudizio perché se si ammette che il rischio non sia stato causato da interferenze, l’opera del coordinatore risulta irrilevante e qualora si riesca a provare che il rischio sia stato causato da interferenza, l’errore del progettista non sarebbe stato facile da riscontrare da parte del coordinatore per la sicurezza. In tutto ciò, i lavoratori presenti in cantiere hanno constatato che il pericolo era chiaro sin dall’inizio della giornata lavorativa.



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